Nel bene o nel male, il Capitano è sempre il Capitano.
1994 - Viaggio Nucleare
Schacht Asse II - Viaggio Nucleare
L'emozione della partenza.
Tappa Prevista - 802 Km.
Tappa Modificata - 947 Km.
Lunedì 20 Giugno 1994, ore 05;10. Montecopiolo, Garage Famiglia Mazzocchetti.
Paolo e io eravamo praticamente pronti per partire. Eravamo emozionati come lo si è sempre ogni volta che si parte in moto per un viaggio, anche se Paolo continuava ad essere preoccupato per la moto. Non era mai uscito dall'Italia in moto ed era davvero guastofobico.
Il viaggio della giornata prevedeva circa 800 km per arrivare alle gole del Verdon, era tutta strada buona ed molta autostrada, anche durante l'attraversamento delle Alpi.
Ma io avevo in mente una sorpresa per Paolo, lui ancora non lo sapeva, ma avremmo fatto una serie di passi Alpini tra cui il Col de l'Iseran, sul lato francese delle Alpi, lo avevo fatto nel 1988 con una Cagiva Elefant 650, erano zone poco conosciute perché le strade erano strette, un po sconnesse e i tornanti a gomito senza parapetti, le quote molto alte, ma non c'era traffico ed erano zone davvero belle.
Il problema e che avremmo allungato il percorso di circa più di due ore.
Lo tranquillizzai, gli dissi che la moto era perfetta e lo era davvero, l'avevo controllata bene, ma gli dissi che fino a che eravamo in Italia avremmo dovuto andare a buon passo, almeno nell'autostrada dove il limite era già di 130 chilometri orari ed era assurdo già quella volta, se avessimo rispettato il limite ci avremmo messo una infinità di tempo. Gli dissi che sulle Alpi avevo previsto una leggera variazione sul percorso che avrebbe comportato un po più di tempo ma che saremmo passati in posti bellissimi. Gli spiegai che una volta scesi dalle Alpi, in Francia, avremmo dovuto stare bene attenti alla velocità perché i poliziotti francesi sulle strade principali erano molto severi e giravano tante auto civetta. Era vero.
Poi finalmente partimmo, per raggiungere l'Autostrada passammo sotto Torriana, mi tornarono in mente le poche ore bellissime passate con Cassandra il giorno prima, avevo raccontato a Paolo che avevo pranzato con lei proprio in quella rocca prima di passarlo a prendere e lo vidi nello specchietto che segnava verso l'alto per ricordarmi che voleva sapere di più su quella donna misteriosa. Lo contraccambiai alzando il braccio destro e allungai il dito medio, praticamente gli feci capire che doveva farsi i cazzi suoi.
Entrammo nell'Autostrada a Sant'Arcangelo, Rimini Nord, mi misi sulla corsia di sorpasso e piazzai la Cagiva a 160/170 chilometri orari. Paolo mi seguiva con titubanza, sapeva che il limite era di 130 chilometri orari, e sapeva che mi piaceva accelerare, ma non in Autostrada, non era divertente e il Lunedì mattina con il traffico che c'era tra Rimini e Milano bisognava stare attenti. Ma non potevo nemmeno mettermi a 130 orari, vista la variazione di tappa, le soste, il pranzo e le fermate per pisciare saremmo arrivati nel Verdon tardi. Passammo il traffico di Bologna che fortunatamente era ancora presto e non era eccessivo come nelle ore di punta. Paolo mi fece cenno di fermarmi alla prima stazione di servizio, era ancora troppo presto per la prima fermata, avevamo fatto circa 170 km, ma mi fermai.
Entrati nella stazione gli dissi: "Paolino, non mi dire che vado troppo forte, sto andando ad una andatura regolare. Dobbiamo fare tappe di almeno 300 km altrimenti arriviamo domani".
Mi rispose: "Devo fare il pieno".
La Honda Africa Twin era, fra le bicilindriche 750 cc. maxi enduro (Cagiva, Honda e Yamaha) quella che si diceva che consumasse meno. La Cagiva era quella che teoricamente consumava di più, era anche la più potente e la più veloce, aveva un serbatoio da 24 litri, ma nonostante l'imponenza la Cagiva pesava molto meno, aveva il serbatoi alleggeriti in Kevlar e consumava molto solo se la tiravi di brutto.
Con i suoi 23 litri di capacità del serbatoio la Honda di Paolo era pesante e in realtà consumava più della mia a pari velocità. La Elefant 900 era alcolizzata di benzina, ad essere sinceri, ma la potenza era ben diversa.
Facemmo il pieno e dissi a Paolo: "Fortuna che la Honda consuma poco, la mia aveva più di mezzo serbatoio, d'altronde in Honda di materiali solidi e leggeri ne capiscono poco. Dai, prendiamo un Caffè veloce e ripartiamo. Se devi pisciare piscia adesso o altrimenti metti un pannolone perché adesso non ci si ferma fino a che le moto non entrano in riserva".
Lui rispose: "Ma non potremmo andare un pochino più piano?"
Gli dissi: "Certo, possiamo metterci nella corsia dei camion e possiamo andare a 100 km. orari, oppure potremmo caricare le moto su uno dei camion così domani sera arriviamo in Francia. Ma gli spagnoli ci aspettano stasera. Dai, prendiamo questi caffè è ripartiamo".
Si convinse, prendemmo il caffè e ripartimmo subito, non vedevo l'ora di uscire da quell'Autostrada del cazzo. Ci imbattemmo anche in una coda bestiale. un camion si era rovesciato e c'erano più di due chilometri di fila. Passavamo fra le macchine ferme, ma le valigie posteriori erano ingombranti, bisognava stare molto attenti. Quando passavamo tra i camion ci arrivavano addosso delle ondate di calore dagli scarichi laterali degli autoarticolati, l'aria diventava irrespirabile e bisognava guidare con la visiera abbassata. Era il 20 di Giugno ma tra quei camion era come essere nel deserto in pieno Agosto. Ma nel deserto l'aria era calda, ma non puzzava come quella degli scarichi dei camion e delle macchine.
Ne uscimmo quando ormai gli addetti avevano liberato una corsia della autostrada, eravamo un mucchio di moto e di macchine ammassate in poche decine di metri quando la Polizia ci segnalo che potevamo passare facendo cenni di andare piano con le palette con scritto "Stop" da un lato e "Avanti" dall'altro. Se gli davi un cestello potevi mandarli al mare a fare i castelli di sabbia. Ma la Polizia la rispettavo, erano più preparati e più comprensivi dei Carabinieri, che facevano parte dell'Esercito e avevano la testa come tutti i militari. Ripartimmo e ci rendemmo conto di aver perso un'ora buona. Feci cenno a Paolo di seguirmi, passammo davanti alla polizia lentamente e appena passati cominciammo i sorpassi. Mi resi conto che Paolo si stava abituando e guidava bene, tranquillo e non si lamentava più dei limiti di velocità superati. Stava diventando un vero Centauro.
Ci fermammo a Susa per fare il pieno e per mangiare qualcosa nella bella cittadina ai piedi delle Alpi. Avevamo percorso circa 530 chilometri. Adesso ci aspettavano i valichi, il Col de l'Iseran era a circa 70 chilometri, niente più autostrada, solo curve e salite. Poi la strada verso sud per arrivare al Verdon. Nonostante il tempo perso a causa dell'intoppo autostradale erano le 11:30.
Col de l'Iseran 1994 - E' un fotomontaggio.
Col de l'Iseran 2010 - KTM 990 Adventure R
Gole del Verdon
Gole del Verdon
Mentre ci rilassavamo durante il pranzo all'esterno del ristorante Paolo mi disse: "Quando acceleri con la marcia alta non ti sto dietro. Va fortissimo anche la 750, che differenze ci sono rispetto alla 900?"
Gli risposi: "Questa e più dolce per la guida in strada, ma la potenza non gli manca. Ha la frizione in bagno d'olio, la Elefant 900 ha la frizione a secco, questa ha le sospensioni più morbide, l'altra è decisamente una moto più adatta al fuoristrada, hanno motori simili ma diversi. Ma è una gran moto anche questa, nonostante il catalizzatore che la soffoca un po'. Ma la vera differenza dalla tua Honda, che è comunque una moto favolosa, le Cagiva hanno la corsa del motore più corta e girano molto di più, è quello che le rende uniche. Sono entrambe desmodromiche, e non hanno problemi a girare veloci:"
Paolo mi chiese: "Desmo che?"
Gli risposi ridacchiando: "Sei un ignorante patentato, hanno il rientro meccanico delle valvole. Non c'è rischio di collisione fra pistoni e valvole perché queste vengono spinte dalle camme dell'albero in testa e sono richiamate da un braccio a forbice che gira con l'albero, la tua ha le valvole che rientrano tramite delle molle, insomma, il Motore detto Desmo, brevettato da Ducati, progettato dall'Ingegner Taglioni, non da uno con gli occhi a mandorla, è montato solo sui motori Ducati, inoltre non hanno la catena di distribuzione, hanno la cinghia dentata. Tutto è pensato per la leggerezza e la resistenza. La mia sembra più grossa della Honda, ma in realtà, anche la Elefant 900 pesa meno di quel mucchio di lamiera giapponese che guidi. Leggerezza significa estrema maneggevolezza in ogni situazione, nonostante la enorme potenza dei motori".
Lui rimase sorpreso, e mi disse sorridendo: "Io faccio il Commercialista non l'Ingegnere"
Io gli risposi sempre ridendo: "E hai fatto bene a comprare l'Honda, è una moto da Commercialisti, non da piloti".
Mi disse in pesarese stretto: "Ma v'à cagà te, Taglion e'l Desmo o cum cas s'chiama", che tradotto significa "Ma vai a cagare tu, l'Ingegner Taglioni e il sistema desmodromico o come cazzo si chiama.
Ci mettemmo a ridere. Eravamo entrati nel viaggio ed eravamo elettrizzati. E adesso ci aspettava la parte più bella della tappa.
Alle 12;30 eravamo di nuovo sulle moto, pronti a ripartire.
Mi diressi verso Giaglione e voltai a destra sulla strada del Col du Mont-Cenis. Si cominciava la salita vera che in 42 chilometri ci avrebbe portato da 800 a 2770 metri di quota. Paolo mi seguiva attento e concentrato. Attraversammo il confine francese, segnalato solo da un cartello. Passammo di fianco al Lac du Mont-Cenis, uno specchio d'acqua limpida e un paesaggio mozzafiato a 1970 metri di quota. C'erano salite lunghissime dove potevi tirare di brutto ma dovevamo stare attenti perché le segnalazioni dei tornanti a gomito erano scarse, la strada stretta, con rarissimi parapetti, ma bastava stare molto attenti al tornante improvviso.
Quando acceleravo nelle dirette tra un tornante e l'altro staccavo Paolo alla grande, immaginai cosa avrebbe fatto la 900 in quella strada. Sarebbe stata ancora più divertente.
Mi fermai per un attimo appena raggiunsi la balise e il cartello del Col du Mont-Cenis.
Paolo aveva la mania della Fotografia.
Aveva con se una Nikon con teleobiettivi e cazzate varie che all'epoca poteva costare quasi un milione di Lire. Quando la accendeva e guardava nell'oculare ogni tanto lo sentivo bestemmiare perché non vedeva niente e pensava che non funzionasse. Allora gli dicevo "Idiota, togli l'otturatore. Lui mi mandava a fanculo e toglieva il tappo.
Scattammo qualche foto e ripartimmo in circa dieci minuti.
Continuammo a pilotare concentrati, ogni tanto rallentavo per farmi raggiungere da Paolo e dopo circa un'ora e venti minuti dalla partenza da Susa eravamo sul tetto stradale d'Europa, il Col l'Iseran, a 2770 metri di quota.
In realtà sul fatto della strada più alta d'Europa c'erano varie teorie e discussioni fra italiani e francesi. Il passo dello Stelvio, davanti al Ristorante Rifugio Tibet, la quota è di 2800 metri mentre il passo è a 2760 metri, o almeno cosi indica il cartello. Ma al rifugio ci si arriva in macchina o in moto e quindi è una strada. Io da Italiano ritenevo più alto lo Stelvio, secondo me i francesi avevano fatto un terrapieno qualche secolo prima per rendere più alto il Col de l'Iseran di dieci metri rispetto allo Stelvio. Fatto sta che lo Stelvio è il più conosciuto e il paesaggio è naturalmente molto più aggressivo e impressionante, ma è bellissimo anche il colle francese e non c'è il traffico opprimente dello Stelvio, dove tra macchine, camper, Harleysti che fanno manovra ogni tornante e comunque spesso la moto gli cade a causa del peso concepibile solo per gli americani, che non costruiscono niente se non supera la tonnellata, poi se la moto a tre cavalli non importa. E poi c'erano quei ciclisti di merda che vanno su a zig zag e c'è da bestemmiare in otto lingue per fare una salita relativamente veloce.
Altre foto. Io non ero appassionato di Fotografia, mi piaceva ricordare le emozioni e ripromettermi di tornare nei posti bellissimi che visitavo. Ma Paolo era fissato anche se non era una cima negli scatti.
Da li tornammo indietro fino a L'Adroit, e ci dirigemmo verso il Verdon. Ancora tanti passi e tante curve, ci mettemmo circa altre sei ore circa per raggiunger L'Hotel le Panoramique, Ruote de Moustiers. 615, La Palud-sur-Verdon, dove ci aspettavano i due ragazzi spagnoli che arrivavano da Tarragona. Loro si erano erano fatti 710 chilometri di cui il 90% di autostrada costiera, poi erano saliti al Verdon, Paolo e io ne avevamo fatti più ho meno 970 di cui curva 250 di valichi alpini.
Quando Josè Dominques mi vide mi strinse la mano alla maniera internazionale dei motociclisti battendo il pugno destro lateralmente e incrociando i pollici (non il saluto che si fa quando si incontra un altro motociclista e si alzano il dito indice e medio, comunemente detto "wave" in inglese), mi abbraccio e mi disse: "Còmo estàs? Italiano loco". Era un ragazzo squisito, simpatico ed umile, sempre disponibile per gli amici e nel corso degli anni e dei viaggi lo eravamo diventati. Gli risposi sorridendo: "Estoy bien, Siempre eres el mismo".
Ci eravamo detti: Come stai, matto di un italiano?" e io avevo risposto: "Sto bene, sei sempre lo stesso".
Gli presentai Paolo e lui mi presentò il suo amico Miguel Rodrigues, poi si presentarono Paolo e Miguel.
Ero contento che ci fosse Josè, era un ottimo pilota, sempre corretto e attento. Miguel non lo conoscevo, ma a prima vista mi sembrò un bravo ragazzo. Fortunatamente le nostre lingue ci aiutavano molto perché avevano molte termini in comune e ci capivamo bene.
Chiesi a Josè se c'era un bar dove andare a prendere un caffè, ma mi disse che in zona c'era solo l'hotel. Prendemmo quattro caffè, purtroppo pessimi come in tutto il mondo fuori dall'Italia. Avevamo chiesto quattro espressi corti, ma ci erano arrivate quattro brodaglie imbevibili.
Eravamo seduti all'interno della Halle dell'hotel e Josè raccontava a Paolo e a Miguel delle prodezze che mi aveva visto fare con la Elefant 900 nel 1991 quando andammo a Capo Nord e di come avevo maltrattato due dei francesi che ci aspettavano a Digione il giorno dopo.
Purtroppo durante quel bellissimo viaggio ci eravamo imbattuti in due imbecilli francesi, Thierry Leclerc e Christophe Dubois, il primo con una Honda 750 XRV Africa Twin e il secondo con una Yamaha 750 XTZ Super Tènèrè, non avevano nessun rispetto motociclistico, su sentivano due piloti di prim'ordine ma la realtà è che erano solamente due incapaci senza rispetto. Avevano fatto cadere Josè con la sua Honda 750 XRV Africa Twin, fortunatamente senza conseguenze, stringendolo in un tornante salendo sulle alture del Sognefjord, uno dei piu bei fiordi norvegesi, non si erano fermati, io avevo aiutato Josè a alzarsi e a tirare su la moto, lui era tranquillo, sempre e dovunque, ma a me non era andata giù. Li avevo inseguiti e loro avevano avuto la bella idea di infilarsi in una strada sterrata. La mia Cagiva 900 Elegant Lucky Explorer era molto più potente e li vevo raggiunti, gli suonavo per farli fermare, ma non si fermavano, arrivammo ad una curva sterrata, feci derapare la Cagiva e accelerai a fondo. Gli passai in mezzo in impennata, Thierry era uscito di strada scivolando nella scarpata e Christope era finito tre gli alberi e non era caduto per un pelo. Li infamai in Italiano, gli dissi erano indegni di tenere il culo su una moto, e se non fossero arrivati gli altri, probabilmente Thierry, il peggiore tra i due, avebbe voluto provare a mettermi le mani addosso. Aveva sette anni in più di me ma ragionava come un deficiente represso e Christophe era come soggiogato dal lui.Ero pronto ad affrontarlo, aveva fatto cadere deliberatamente Josè, il ragazzo più mite e cortese del gruppo e non si erano nemmeno fermati.
Quando ci fummo calmati Thierry ci aveva messo più di mezzora a tirare fuori la Honda dalla scarpata, e nonostante il suo comportamento lo avevamo anche aiutato.
Poi non avemmo più problemi dai due francesi durante il resto del viaggio, se ne stavano in disparte e avevano ricevuto una brutta lezione.
Alle 21:30, Paolo ed io eravamo in camera.
La strada che passava all'interno delle gole era favolosa e le gole erano davvero belle, sembravano molto la Gola del Furlo, ma erano lunghissime e si passava nelle caverne naturali asfaltate e nei tratti scavati nella roccia, ma il nostro Hotel era fuori dalle gole, il paesaggio era rurale e piuttosto isolato. Eravamo stanchi ed insieme agli spagnoli avevamo deciso di andare a letto presto. Inoltre nei paraggi c'era solo l'hotel e non è che potevi andare a divertirti chissà dove. E comunque io dovevo fare una cosa molto importante e piacevole, dovevo chiamare Cassandra. Uscii dalla stanza con le risate di Paolo che continuava a prendermi per il culo, mi diceva che mi ero innamorato. Io gli dicevo di farsi i cazzi suoi, ma in fondo aveva ragione. Mi sedetti su un divanetto di fronte all'uscita dell'ascensore.
Presi il cellulare, cercai nella rubrica dei contatti e quando arrivai a Kay, spinsi il tasto verde con il simbolo della cornetta.
Fece solo uno squillo e udii subito la dolce voce di Kay che diceva trepidante: "Dimmi che sei tu, che stai bene e che ti manco da morire".
Sorrisi e le risposi: "Dipende da quante telefonate di uomini stavi aspettando. Io sono Lele, sto bene e mi manchi da morire. Per quanto riguarda gli uomini che stavi aspettando che ti chiamassero dovrai chiedere a loro".
Lei mi disse: "Io non aspetto nessuna telefonata, solo la tua. E vorrei sottolineare che non frequento nessuno del sesso maschile, tranne uno stronzo che invece di stare qui con me è andato in giro per l'Europa in moto".
Mi misi a ridere. Sentire la sua voce un po' malinconica mi faceva stare bene, non perché volevo che fosse malinconica, ma perché capivo che le ero mancato e che mi voleva davvero li con lei.
Le risposi con dolcezza: "Kay, sto scherzando, ho pensato a te durante tutto il viaggio che non è stato proprio bellissimo fino a che non siamo arrivati ai piedi delle Alpi. Abbiamo incontrato un incidente in l'Autostrada che ha provocato qualche chilometro di coda. Con le moto siamo passati fra le macchine, ma le valigie laterali sono ingombranti e gli scarichi dei camion e delle macchine rendevano l'aria bollente e puzzolente di gasolio bruciato. Ma io pensavo a te e stavo bene anche in quell'inferno. Dopo un'ora persa ad aspettare che liberassero una corsia siamo ripartiti e abbiamo fatto dei passi bellissimi, abbiamo attraversato dei paesaggi bellissimi e io pensavo a quanto potessero essere ancora più belli se tu fossi stata li con me".
Lei mi disse felice: "Mi dispiace per la coda in autostrada, ma mi sei mancato tantissimo. So che sei un pilota molto bravo e questo mi fa stare tranquilla, ma un po di pensiero c'è sempre. Ad essere sincera sono contenta che ti sono mancata, perché io ho pensato tutt'oggi alle poche ore che abbiamo passato ieri insieme ed erano anni che non stavo così bene come con te.
Ma adesso dove sei?"
Le risposi: "Sono alle Gole del Verdon, è un posto bellissimo ma l'hotel dove pernottiamo e fuori dal parco nazionale e non c'è niente qui. Sono nel corridoio, in camera c'è Paolo che mi prende per il culo e dice che non mi ha mai visto così preso da una ragazza. E mi conosce bene perché ci frequentiamo dal primo anno di Università, lui ha un anno in più di me e frequentava la facoltà di Economia e Commercio, ma eravamo sempre insieme nel tempo libero. Siamo diventati molto amici. E adesso sono qui e non vedevo l'ora di sentire la tua bellissima voce".
Lei era sempre più tranquilla e felice: "Non voglio nemmeno pensare a quanti bagordi e quante ragazze avete frequentato durante quegli anni. Ma non importa, quello che importa è che pensi a me e sottolineo solo a me".
Mi rimisi a ridere, la sua velata gelosia mi lusingava, sapevo quanto era bella e speciale e di ragazzi come me ne poteva avere tanti. Ma adesso finalmente ci eravamo ritrovati e mi rendevo conto come lei che non avevo mai smesso di pensare a lei.
Le dissi: "Kay, Paolo è felicemente sposato e ha un bimbo di due anni, lavora in uno studio di Commercialisti, è uno dei ragazzi più tranquilli che io abbia mai incontrato. E lo era anche durante i tempi dell'università. Tu devi stare tranquilla, adesso ci sei tu nella mia mente. Inoltre Paolo non è un amante della velocità, guida sicuro e concentrato e oggi fino a che non siamo usciti dall'Autostrada ha vissuto ore drammatiche con la paura degli autovelox. Poi finalmente è entrato con la mente nello spirito dell'avventura e si è divertito, ma sui passi ogni tanto rallentavo per aspettarlo. Abbiamo fatto circa 960-970 chilometri e stasera è stanco, non è abituato a percorrenze giornaliere così lunghe".
Lei mi rispose con curiosità ed un po' di apprensione: "Quanti diavolo di chilometri avete fatto? Io se li dovessi fare con la mia macchinina ci metto dieci giorni".
Le risposi: "Kay, ho fatto diverse variazioni rispetto al percorso previsto, volevo far vedere alcuni passi bellissimi che ho già fatto qualche anno fa. Domani la tappa è molto più tranquilla e i chilometri sono molto meno rispetto ad aggi. Stai tranquilla, non vado oltre i miei limiti e siamo arrivati in hotel poco dopo dei due amici spagnoli che arrivano da Tarragona. Uno di loro, Josè Domingues, lo conosco molto bene, è un ragazzo molto tranquillo e sempre disponibile. Abbiamo già fatto vari viaggi insieme. Siamo stati a Capo Nord nel 1991, poi lui è venuto a trovarmi in Italia e io sono stato a trovarlo in Spagna. Siamo diventati molto legati e ci sentiamo ogni tanto. Devi stare tranquilla, non potrei andare troppo veloce nemmeno se lo volessi, quando si viaggia in gruppo, ci sono delle regole di cortesia motociclistica che impongono di non abbandonare il gruppo".
Lei adesso era serena. Dieci giorni sarebbero passati in un attimo e ci saremmo rivisti a breve.
Mi disse: "Immagino che nel corso degli anni che mi hai abbandonata al mio destino hai conosciuto tante persone e tanti motociclisti, questo mi piace perché eri molto popolare anche dieci anni fa e lo sei anche adesso. Ma avrai conosciuto anche tante motocicliste femmine o passeggere di tutte le nazionalità. Ti chiedo solo di tenere ben chiusa la patta dei pantaloni e di aprire la cerniera solo per fare la pipi. Odio sembrare gelosa ma devo ammettere che un po' lo sono, non voglio perderti di nuovo. Quando torni mi porterai a Villagrande? Mi piacerebbe tanto farmi vedere con te in quel meraviglioso paesino dove ti ho conosciuto".
Le risposi senza nemmeno pensarci: "Sai cosa mi disse il mio amico spagnolo Josè quando andai a trovarlo in moto a Tarragona? Mi disse <Mi casa es tu casa> e io ti dico la stessa cosa. La mia casa è la tua casa. Potrai passare a Villagrande tutto il tempo che vorrai e sarai mia ospite. Anche a me piacerebbe molto farmi vedere con te a Villagrande. Sarebbe contento anche mio Padre perché dieci anni fa mi rimproverava quando non rispondevo alle tue telefonate. Penso che tu gli piacessi molto e si sentiva orgoglioso di me quando stavamo assieme. Inoltre sono il Presidente della Pro Loco e portare al paese uno schianto di ragazza come te può dare una grande svolta al turismo del mio piccolo Comune". Lo dissi sorridendo ma era vero che mio Padre mi rimproverava quando non le rispondevo.
Lei mi disse: "Tuo Padre era molto saggio e immagino che lo sia ancora. Sapevo che sei il Presidente della Pro Loco, me lo ha detto Maria. So anche che molti ti vorrebbero come futuro Sindaco. E non mi meraviglia perché ti sei sempre dato da fare per i tuoi paesani e per Villagrande. So che tuo Padre ha amministrato il Comune per vent'anni e ha fatto tanto, lo sapevo già dieci anni fa. Tu saresti perfetto come suo successore. Basta che ti ritagli un po, anzi un bel po di tempo per me".
Mi misi a ridere e le risposi: "Kay, mio Padre è un uomo eccezionale, è altruista, ha passato la sua vita a costruire il paese e il Comune, ha aiutato tanta gente. Ma lui stesso si è accorto che i tempi stanno cambiando e l'entroterra appenninico presto sarà politicamente abbandonato a se stesso. Io non ho tempo per fare il Sindaco. Ci vuole una persona che abbia a disposizione tanto tempo e che sia in contatto con persone di un certo spessore politico. Io ho ricostruito lo Sky Lift nuovo a Villagrande, ma se non avessi avuto mio padre e i suoi amici fidati non ci sarei mai riuscito. Sono riuscito ad accedere a un contributo regionale, ma non ci pagavo nemmeno il cavo. Lui mi ha radunato cento suoi amici, abbiamo tirato fuori quasi due milioni di Lire a testa e abbiamo regalato la Sciovia nuova alla Pro Loco. I giovani di qui, i miei amici, parecchi sono sposati e molti si sono trasferiti per comodità a Rimini. o a Pesaro, anche se rimpiangono la tranquillità del paese e la magia del luogo. Non sono la persona adatta a fare il sindaco, ho un lavoro impegnativo, ho tante passioni e non sarei un bravo Sindaco. Stai tranquilla, mi basta la Pro Loco e appena posso la lascio in mani più adatte e dedicherò il mio tempo a te, se lo vorrai. So che gira voce che dovrei essere il nuovo Sindaco, ma non accetterò. La gente mi vede bene perché sa che sono figlio di mio Padre, la fiducia che provano in me in realtà deriva da mio Padre, ma io non sono all'altezza di mio Padre. Amo il mio piccolo paesino, ci sono nato e cresciuto e ho conosciuto te proprio a Villagrande. Non lo abbandonerò, ma cercherò di trovare una persona con più disponibilità di tempo e con tanta voglia di tenere duro. Non me ne andrò come hanno fatto molti amici della mia età, sono fuori quasi sempre per lavoro, ma la sera mi piace tornare nei miei monti. Si tratta solo di trovare una persona di una certa eta che abbia una discreta esperienza. Io non ne ho e non ho il tempo per acquisirla".
Sentivo l'emozione e il rispetto nella voce di Kay, le parlavo di mio Padre e capiva quanto ero legato a lui e a mia Madre.
Mi disse con voce commossa: "E' bello sentirti parlare di tuo Padre, tu sei come lui, siete solo impegnati in cose diverse, ma avete lo stesso altruismo e siete entrambi speciali, anche se io lo conosco solo per come ne sentivo parlare e quando lo vedevo mi sembrava di vedere il tuo gemello. Saresti un ottimo Sindaco a Villagrande, ma anche se potrei sembrare un po egoista, sono contenta se non accetterai quell'incarico, avrai più tempo da dedicare a me. Inoltre so che sei diventato in pochi anni un Ingegnere molto stimato nel tuo settore e che fai cose molto importanti e innovative.
Ma è passato solo un giorno da ieri e mi sei mancato davvero tanto. Prenderei il primo aereo per raggiungerti in quell'hotel.
E mi dispiace per il tuo amico Paolo, ma se fossi li lo butterei fuori a calci dalla camera e ti farei recuperare dieci anni di dubbi e incertezze. Tu non puoi avere nemmeno idea di quante volte sei stato nei miei pensieri e nei miei sogni. Quindi stai attento e non correre troppo, quando rientri ti voglio in forze e rilassato".
Mi rimisi a ridere di felicità e le risposi: "Kay, devi stare tranquilla, tornerò in forze e rilassato. Più passa il tempo e più mi rendo conto che in tutti questi anni non ho mai smesso di cercarti. Per quanto mi sembri una cosa assurda, a modo mio ti ho cercata nelle poche donne che ho frequentato ma non ho mai trovato quello che cercavo. E non ho riprovato mai quel sentimento che tu mi facevi provare. Da quando ti ho rivista non faccio altro che pensare a quanto sei stata e sei importante per me. Sono in questo corridoio in mutande e accappatoio e se mi parli in questo modo mi vengono i brividi dal desiderio che ho di essere li con te.
Adesso è meglio che rientro in camera e mi faccio un'altra doccia, ma stavolta fredda, perché sento un certo movimento nelle nelle mutande e non si dorme bene in queste condizioni. Paolo continuerà a prendermi in giro per almeno un'altra ora, siamo molto amici e ma quando vuole sapere chi sei lo ammazzerei. Comunque avrai modo di conoscerlo, e vedrai che è un bravo ragazzo che è contento per me perchè non mi ha mai visto così preso da una ragazza. Lui ha capito quanto tu sia speciale per me.
Ti chiamo domani sera, sempre se non disturbo, ti mando un bacio grande e un abbraccio forte. Ti auguro una notte bellissima. Adesso è meglio che rientro in camera, ma non dubitare mai di quello che provo per te. Mai!"
Lei era estasiata dalle mie parole, le aspettava da tanti anni, mi disse dolcemente: Va bene, ti lascio rientrare, immagino che sarai molto stanco. Ti mando un bacio immenso e un abbraccio forte anche io, e sappi che io ho le parti intime in subbuglio da quel Martedì quando ci siamo incontrati in quel bar a Viserba. Buonanotte mio Principe Centauro".
"Buonanotte mia Principessa bellissima, a domani" le risposi e chiusi la telefonata.
Come immaginavo ci volle più di mezz'ora di interrogatorio, al quale non risposi, prima che Paolo si decidesse a smettere di prendermi in giro e si mettesse a dormire.
Dal canto mio avevo in testa l'immagine meravigliosa di Cassandra in mente e ci misi un po ad addormentarmi.
Edi Orioli Vincitore Paris Dakar su Cagiva 900 Elefant Lucky Explorer negli anni 1990 e 1994. Tutto il resto è noia.
Edi Orioli Vincitore Paris Dakar su Cagiva 900 Elefant Lucky Explorer negli anni 1990 e 1994. Tutto il resto è noia.