A pranzo con Cassandra - Capitan Kappa

Capitan Kappa
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Progetto: Emanuele Mazzocchetti
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Nel bene o nel male, il Capitano è sempre il Capitano.
1994 - Viaggio Nucleare
Schacht Asse II - Viaggio Nucleare
Separatore
A pranzo con Cassandra. Il giorno prima della partenza.
Asse, Schacht II
Domenica 19 Giugno 1994, ore 10;00. Montecopiolo, Garage Famiglia Mazzocchetti.
 
Merda! Erano le 10;15 ed ero ancora nel Garage. Per andare a Rimini ci voleva poco più di mezz'ora, ma Torre Pedrera era più a nord e dovevo passare per Sant'Arcagelo, ci ero passato in macchina tante volte andando da Rimini a Ravenna, ma non conoscevo le vie. Avevo messo nel Bauletto della Cagiva 900 Elefant un giacchetto della Alpinestars nero, con i loghi e le finiture dei colori Cagiva e quelli della bandiera Italiana, io ne avevo addosso uno identico ma bianco. Inoltre avevo messo nel bauletto anche il casco enduro per Cassandra. Io indossavo anche i Pantaloni da Cross e gli stivali da Cross, naturalmente della Gaerne con punta di ferro. Mi resi conto che ero vestito come se dovessi attraversare il deserto e invece stavo andando solo in un ristorante. Ma ormai era tardi, dovevo partire, non potevo far aspettare Kay.

Partii come un missile.

Alle 10.55 ero in viale Salvador e stavo cercando il numero 57 sul lungomare pieno di Hotel e turisti mezzi nudi. Lo trovai, parcheggiai sul fianco del palazzo e mi avviai al citofono, ma non feci in tempo ad arrivarci che si apri la porta principale sul fronte e vidi Kay in tutta la sua immensa bellezza. Non indossava abiti eleganti, aveva un paio di jeans, le scarpe da ginnastica e una maglietta bianca con dei loghi che conoscevo bene.
Ero senza parole, era bellissima comunque si vestisse, tanto bella da togliere il respiro.

Le dissi solo: "Oddio, sei bellissima!!!!!! Mi chiedo se sei un dono che l'Universo ha voluto stranamente regalare a un folle come me o se sei la condanna che lo stesso Universo mi ha inflitto per tutti i peccati che ho commesso nel corso della mia vita.
Lei mi prese per una mano e mi trascino dentro androne del palazzo, mi mise con decisione spalle al muro e mi baciò intensamente sulla bocca. Si stringeva forte a me e io la strinsi al mio petto mentre la baciavo.

Fu un bacio lunghissimo e tutt'altro che pudico.

Poi lei mi guardò intensamente negli occhi e mi disse: "Erano dieci anni che aspettavo questo momento. Allora, ti sembro un dono o una condanna?".

Io ero bloccato contro il muro interno del vano scala, indossavo la divisa da cross e tra l'emozione e le protezioni della divisa non riuscivo a quasi a muovermi.

Mi uscirono poche parole dalla bocca: "Sei il dono più bello e grande che io abbia mai ricevuto, e ci ho messo dieci anni a rendermene conto".

Lei sorrise, vedevo la sua felicità che gli rendeva gli occhi lucidi.

Poi mi ripresi e le chiesi: "Ma quella maglietta, con gli stemmi della Cagiva, dove l'hai presa?"
Lei sorrise di nuovo: "E' una semplice maglietta bianca, ma ho costretto mio cugino ad andare a Pesaro Mercoledì a comprarmi gli stemmi e li ho cuciti con le mie mani, nella speranza che dopo averti incontrato ti avrei rivisto di nuovo. Dai, fammi vedere la moto".

Uscimmo dall'androne del palazzo, girammo l'angolo e la Cagiva 900 Elefant Lucky Explorer comparve in tutta la sua bellezza e potenza. Sembrava che i due fari anteriori sorridessero a Kay, sembrava che avesse una volontà propria e volesse fare colpo su di lei. E ci riuscì perché Kay disse: "Mio Dio, ma è un transatlantico o una moto? E' gigantesca!!! E' Bellissima!!!!".
Le dissi: "E' una moto molto speciale, deriva dal prototipo che Edi Orioli, un pilota friulano, a portato alla vittoria della Paris Dakar nel 1990. E' una gara che si corre nel deserto. Inventata da un francese è la competizione forse più dura e pericolosa al mondo. Sembra ingombrante e pesante, ma è molto più agile e maneggevole di moto di cilindrata inferiore. E' una serie limitata. Sono stato fortunato, è stata acquistata nel Novembre del 1990 da un ragazzo che si sentiva un asso ma è caduto, ha avuto paura e me l'ha venduta per un prezzo irrisorio nel 1991. Adesso vale un sacco di soldi, più della 750 con cui vado in viaggio domani e che ho ritirato dal concessionario circa un mese fa. Sono pressoché molto simili esteticamente, ma questa è molto più adatta al fuoristrada, l'altra è più adatta ai viaggi d'avventura. Sarei venuto con l'altra perché è un pochino più comoda, ma è carica e pronta per il viaggio".

Kay mi ascoltava con interesse, dieci anni prima adorava la mia Cagiva 125 SXT, la portavo ovunque, ma in confronto a questa era un giocattolo. Ed era brava a stare in sella, non aveva paura, si fidava molto di come pilotavo e mi seguiva in ogni curva tanto che quasi non la sentivo sul retro della sella. La sentivo solo perché si stringeva forte a me e sentivo il suo giovane seno che mi premeva sulla schiena. Adesso quel seno era bellissimo, era perfetto come 10 anni fa, ma più grande. Mi disse: "E sempre bellissimo sentirti parlare di moto, sapevo che ce l'avevi nel sangue, e adesso corri anche anche i Campionati Ufficiali di Cross. E mi hai trasmesso quella passione anche a me".

Sfilai dal bauletto il casco e la giacca per lei. Lei li indosso e mi disse: "E' bellissima la giacca, è uguale alla tua. Tu sei consapevole che non riavrai questa giacca e nemmeno il casco fino a che non ritornerai dal tuo viaggio e verrai ancora da me? Sono sicura che hai tante divise da moto, ma questa giacca e questo casco li tengo in ostaggio io".

Le risposi ridendo: "Ad essere sincero me lo aspettavo, anche dieci anni fa la sera che ci siamo conosciuti hai tenuto il casco e la giacca per il mese che ci siamo frequentati. Tienili pure, mi fa piacere, ho più divise da moto che vestiti normali. Ma quando rientro dal viaggio, per dimostrarti la mia intenzione di rivederti. andremo assieme alla Cagiva di Pesaro e ti comprerò una divisa che ti stia bene di misura, con tanto di casco, pantaloni e stivali da strada. Io sono magro e questa giacca non dovrebbe starti larga ma sicuramente ti sta lunga".
Lei disse: " Sei sempre il solito gentiluomo, ma io la giacca voglio questa perché ha il tuo profumo e mi ricorda te quando non ci sei".
Le risposi: "Ma io non uso profumi, uso solo bagnoschiuma e shampoo. Al massimo quello che puoi sentire e l'odore del mio sudore e non credo che sia esattamente un profumo".
Lei mi sorrise e rispose: "E' proprio quello il profumo che mi piace. Quello naturale della tua pelle".
Le dissi: "Tieni pure la giacca è il casco, ad essere sincero te li ho portati apposta, ho indossato quella giacca solo per un paio di volte dopo che mia Madre la lavata e dovrebbe essere abbastanza pulita.
Allora, cosa vuoi fare? Io non sono vestito precisamente da ristorante di lusso e non so neppure quanto tempo posso fermarmi".

Lei mi disse languidamente: "Io non ho molta fame, a parte di te che ti mangerei a morsi. Sai dove è Torriana? C'è un posto dove si può mangiare anche all'aperto ed è tutta cucina nostrana, specialmente la carne. Ricordo che non eri un amante del pesce".
Le risposi sorridendo: "Kay, sono stato nei villaggi più sperduti del deserto africano, so dove è Torriana, ci sono passato sotto proprio venendo qui. E' un bellissimo posto e ci mettiamo poco ad arrivarci con la mia bambina, ma tranquilla, vado piano, dai, salì, le regole sono quelle della 125 SXT, puoi attaccarti alle maniglie posteriori della moto o puoi stringerti al mio petto. Non posso negare che con quel bellissimo seno preferirei che ti stringessi al mio petto".

Lei abbasso le pedane posteriori, salimmo sulla Elefant 900 e si strinse forte a me. Partii relativamente veloce, sentivo il suo seno che premeva sulla schiena. ci sembrava a entrambi di rivivere il passato, ma adesso la moto era più comoda e potente. Ci sentivamo come i ragazzini di dieci anni prima. Era un Déjà vu meraviglioso.
Kay era meravigliosa.
Asse, Schacht II
La sentivo dietro di me mentre raggiungevo Torriana, sentivo che si divertiva, accelerai un po', la moto era meravigliosa, ogni volta che aprivo il gas Kay si stringeva forte a me, e io tenevo forte il manubrio perché il bicilindrico Ducati Desmo 2 che montava aveva una accelerazione impressionante. Su un dosso lasciai chela la ruota anteriore si sollevasse e la lasciai ritoccare delicatamente l'asfalto, sentivo Kay che gridava: "Mamma mia, ma ha una potenza pazzesca. E meraviglioso!!!"
All'epoca le moto non erano silenziate e chiuse come adesso e il motore aveva un rombo pazzesco, una musica regale per le orecchie di ogni motociclista.
In breve tempo arrivammo sulla Rocca di Torriana, dove c'era un ristorantino tipico ed un panorama mozzafiato sulla vallata sottostante.
Fermai la moto davanti al locale, un tempo era una taverna, ed era rimasto molto simile, sembrava aver viaggiato nel tempo indietro di sei o sette secoli.

Kai scese dalla moto e io la parcheggiai. Mi disse: "Dieci anni fa andavi più piano, ma è stato bellissimo, e vedo che non hai rischiato niente, hai sempre avuto il controllo della moto. Io....io non credo che salirei su una moto del genere con nessun altro, ma con te mi sento sempre sicura e mi sono divertita tantissimo".
Le risposi: "Kay, dieci anni fa guidavo circa come adesso, ma la moto era una 125 cc, e aveva la tenuta di strada di una 125 cc. Questa è molto potente, ma è attaccata all'asfalto e anche allo sterrato. Le sospensioni sono tutt'altra cosa. Teoricamente rischiavamo più con la SXT a 100 chilometri orari che con questa a 200 chilometri orari. E comunque hai un talento naturale come passeggera, lo hai sempre avuto. Non sembra nemmeno di essere in due. Sei molto brava. Non sono tante le persone che seguono il pilota con tanta destrezza".
Lei arrossì, era lusingata, ma era vero, non so se fosse perché aveva molta fiducia in me come pilota, ma la sentivo sicura e non era di nessun impaccio. Alcuni passeggeri ti mettono in difficoltà, specialmente se tu pieghi da una parte e loro piagano dall'altra.
Lei mi disse: "E immagino che tu ne sai qualcosa, non voglio nemmeno pensare a quante ragazze sono salite sulla sella delle tue moto".
Le risposi: "In realtà, bellissima Kay, non faccio salire volentieri ne donne ne uomini in sella, piloto quasi sempre solo perché sono più libero di andare veloce, ma soprattutto perché se non sono sicure come te diventa più difficile e anche più pericoloso. Ma tu sei davvero portata e anche se non vado veloce come quando sono solo so che posso contare sulla tua sicurezza. Te l'ho sempre detto, anche dieci anni fa, hai davvero un dono speciale per le moto. Dai, andiamo dentro a ordinare qualcosa, poi ci sediamo qui fuori che oggi si sta benissimo".
Ma lei mi prese nuovamente la mano, si aggrovigliò al mio petto e mi trovai di nuovo con la sua lingua dolcissima in bocca.
Quando ci staccammo mi disse: "Scusami, non voglio metterti in imbarazzo, ma ho aspettato dieci anni per averti di nuovo vicino e ho sognato tante volte i tuoi baci".
Le sorrisi con tutta la dolcezza che avevo: "Tu non mi metti mai in imbarazzo. Tu mi fai sentire orgoglioso ogni volta che mi sei vicina. Sei una donna meravigliosa, lo sei sempre stata"

Ordinammo il pranzo e ci sedemmo ad un tavolo fuori del locale all'ombra.
Io mangiavo come un cardellino, lei stava attenta alla linea, anche se non ne aveva affatto bisogno, aveva il fisico di una modella.

Mi parlo di lei, di quei lunghi anni che non ci eravamo frequentati ne visti. E naturalmente arrivò al matrimonio e al seguente fallimento di questo.
Mi sembrava di capire, e me lo aveva anche detto al telefono, che non era mai stata sicura di amare l'ex marito, ma era rimasta incinta, le aveva regalato la gioia del figlio ma aveva infranto tutti i suoi sogni di diventare medico. Mi racconto che l'ex marito si era rivelato un uomo violento, sia con lei e anche con il ragazzino. Mi raccontò del coraggio che aveva avuto a lasciarlo, per il suo bene ma soprattutto per il bene del figlio. Mi disse delle difficoltà che aveva dovuto superare, dei pregiudizi che c'erano nei confronti delle madri single, del fatto che solo i genitori, sebbene ferventi cattolici, l'avevano sostenuta. Mi disse che il marito adesso stava con un'altra donna, probabilmente un'altra vittima, che le pagava il mantenimento per il figlio solo quando gli pareva e che il figlio non aveva più voluto vederlo perché aveva paura di quell'uomo  Non conoscevo quell'uomo, ma non capivo come si potesse comportare in quel modo. Così come non capivo i pregiudizi nei confronti di una donna che ha avuto il coraggio di proteggere il figlio e se stessa, ma sapevo che purtroppo quei pregiudizi c'erano.

Decisi di dirle i miei dubbi, che non erano pregiudizi e le parlai con la massima delicatezza: "Kay, ti prego di non confondere le mie parole, provengo da un paesino di montagna dove i pregiudizi sono tutt'ora esasperanti più che nelle città, ma io ho avuto due genitori meravigliosi, da un lato mio Padre, che non mi ha trasmesso solo la passione per le moto, ma mi ha insegnato il rispetto per le donne. Mia Madre mi ha insegnato che si, la religione è importante, ma prima di tutto viene il bene e il male che provocano le azioni con cui ci comportiamo con gli altri. Io purtroppo ho commesso tanti errori come ne commettono tutti gli uomini, tu lo sai bene perché mi sono comportato male anche con te in passato, ma lo fatto solo perché avevo paura di soffrire e di non essere alla tua altezza.
Ma quello che mi da un po' di pensieri in questo momento è diverso. Tu adesso sei serena, hai un figlio che adori, una famiglia che ti appoggia e che ha capito quanto sia stata dura per te.
Il mio problema è che non vorrei entrare nella tua vita e sconvolgere la serenità che finalmente hai ritrovato. Non vorrei che la mia presenza ti crei problemi con tuo figlio, con i tuoi genitori e tanto meno con il tuo ex marito.
Ti sto chiedendo aiuto Kay, in questi giorni mi sono reso conto di quanto sei stata e di quanto ancora sei importante per me, ma devi aiutarmi a capire come fare a non farti soffrire mai più, anche se questo comportasse il fatto di mandarmi a fanculo. Tu sai quanti sono i miei difetti e quanto pochi siano i miei pregi, e io non voglio essere assolutamente un problema per te, ne per tuo figlio ne per i tuoi genitori".

Cassandra mi prese delicatamente entrambe le mani, non facevo più l'elettricista ma la mie erano ancora callose, le sue erano morbide e delicate.
Mi guardo dritto negli occhi e quello sguardo mi penetrò direttamente nel cuore.

Mi parlò con una dolcezza che non dimenticherò mai: "Lele, quello che hai appena detto è la dimostrazione di quanto sia nobile il tuo animo, quello stesso animo che mi fece innamorare di te dieci anni fa e che mi rende felice in questo momento. Affronteremo ogni cosa con serenità e con coraggio. Ma sappi che la tua presenza può solo farmi del bene.
Non devi avere mai dubbi su questo.
Io so quali sono le tue passioni e adesso so che hai sofferto almeno quanto me dieci anni fa.
Adesso credo che sia arrivato il momento per entrambi di essere felici, è tu sei la mia felicità.
Conosco molto bene il tuo senso di libertà, e non farò niente che per farti sentire meno libero, ma per una volta lasciati guidare da me e vedrai che tutto andrà bene. Tu hai avuto varie donne dopo di me, io ho avuto solo il mio ex marito dopo di te, ma credi in me come io credo in te e tutto andrà bene".
Quelle parole mi aprirono il cuore. Non eravamo più due ragazzini e mi stava parlando una donna vera, seria e meravigliosamente bella e dolce.

Poi mi sorrise e continuo: "Naturalmente, durante il viaggio che ti spetta domani, tieni la cerniera dei pantaloni ben chiusa e se qualcun'altra provasse a infilarti la lingua in bocca, come ho fatto io, tu chiudi la bocca, stringi i denti, pensa a me e mandala a fanculo".

Ci mettemmo a ridere come pazzi, il ristoratore non sapeva di cosa stavamo parlando, ma la risata si sentiva probabilmente dal paese sotto la rocca.

Passammo il resto di quelle poche ore passeggiando abbracciati, la moto era tranquilla davanti al ristorante, ogni tanto le dicevo qualche stupidata e lei rideva, amavo quella risata dolce ed amavo vederla felice.

In un attimo arrivarono le 16:00 e mi resi conto che Paolo mi attendeva alle 15:00.

Lo dissi a Kay, che a malincuore capì che dovevo riaccompagnarla a casa e dovevo raggiungere Paolo a Pesaro per portalo a Villagrande, da dove l'indomani saremmo partiti assieme di buon ora.

Salimmo sulla moto e partimmo. Mi stringeva forte, come si stringe la cosa più cara che hai al mondo.

Arrivai davanti al palazzo dove abitava, era tardissimo e non avevo neppure risposto alla chiamata di Paolo che probabilmente mi stava mandando maledizioni.

Scendemmo dalla moto, la accompagnai dentro l'androne, la misi spalle al muro come aveva fatto lei la mattina e la baciai intensamente. Fu un bacio interminabile.

Quando ci staccammo ero senza fiato, ma le dissi: "Scusami, ma se devo stare dieci giorni senza baciarti, mi ci voleva davvero". Si rimise a ridere di felicità.

Mi disse: "Lele, stai attento e vai piano, chiamami ogni giorno o ti chiamerò io. Non mi interessa di quanto posso spendere nella prossima bolletta del telefono ma voglio sentirti tutti i giorni. Come già detto stamattina, casco e giacca li tengo in ostaggio. So che hai fretta e ti lascio andare, Ma la prossima volta che ci rivedremo non sperare di cavartela con qualche bacio".
Era una minaccia meravigliosa.
Le sorrisi e risposi: "Quando ritorno, se vuoi e se puoi, ti porterò a Villagrande, li comando io e sarai tu a non cavartela con qualche bacio. Comunque ne riparliamo al telefono durante il viaggio. Kay, sono stato benissimo con te, non puoi nemmeno immaginare quanto sono stato bene, anche solo per poche ore, ma adesso devo proprio scappare".

Lei mi abbraccio forte e mi disse: "Ti amo, non dimenticarlo mai nemmeno per un istante. Adesso vai pure. Il tuo amico guastofobico di Pesaro sarà in pensiero. Ma non dimenticarti di chiamarmi, non farmi stare in pensiero".
La abbracciai di nuovo e le dissi: "Sarà un bel viaggio anche se so che fra un minuto, appena sarò salito sulla moto, già mi mancherai.
Solitamente il ritorno è triste, ma stavolta sarà bello anche il ritorno, perché questa volta ad aspettarmi non ci sarà solo mia Madre, mio Padre e la mia cagnolina, sarà bello perché so che ci sarai tu ad aspettarmi.
Adesso ti dico una parola che ho detto raramente, ho detto <Ti voglio bene>, ho detto <Sei molto importante>, ho detto <Sto bene con te>, ma a te dico <Ti amo anche io>, in fondo te lo dissi anche dieci anni fa ed era vero come lo è adesso. Potrebbe sembrare assurdo, ma è quello che sento dentro. A presto Kay, se non vado via subito mi metto a piangere e io sono un duro, non posso permettermelo": Le sorrisi dolcemente, lei era in estasi anche se aveva gli occhi lucidi.
Corsi fuori dall'androne, salii sulla moto ed appena raggiunsi la strada la vidi sulla porta che mi sorrideva. Le sorrisi e partii, avevo voglia di impennare, ma c'era gente in strada e traffico, mi limitai a lanciarle un bacio con sulle punte delle dita. Lei ricambiò.

Arrivai a Pesaro quasi alle 18:00, sull'autostrada c'era un incidente, niente di grave ma rallentava il tratto tra Cattolica e Misano.
Quando fui davanti a casa di Paolo suonai il clacson, lui scese e mi disse: "Non sono ne arrabbiato ne preoccupato, ma dimmi la verità, eri da quella ragazza della telefonata dell'altra sera? Almeno dimmi come si chiama" gli risposi: "Sali che ci vuole quasi una ora per salire a Villagrande, si ero con Kay, Cassandra per essere precisi, solo io posso chiamarla Kay, e comunque fatti i cazzi tuoi". Lui si mise a ridere ma sali sulla moto e partimmo.

Conoscevo bene la strada, sapevo dove potevano esserci i Carabinieri, e guidavo piuttosto veloce. Paolo mi sgridava, ma si chiedeva come potesse una moto da deserto avere una tale potenza. Alle 18:45 eravamo davanti allo Sci Bar, la pizzeria. Mangiammo una pizza e andammo a casa mia.
La mattina sarebbe arrivata veloce e ci aspettava una tappa piuttosto lunga.
Asse, Schacht II
Asse, Schacht II
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